Cari Amici,
è quasi superfluo dire che quello che sta succedendo in questi giorni in Italia e in tutto il mondo ha letteralmente sconvolto le nostre esistenze e le nostre abitudini.
Fra quelli che possiamo considerare senz’altro i mali minori, c’è anche la rinuncia ai nostri consueti incontri del mercoledì sera.
Orbene, nel tentativo di non pregiudicare la possibilità di completare lo svolgimento dei cinque turni (per Sezione) previsti dal Regolamento del 32° Gran Premio Fotografico “Fincantieri-Wärtsilä” 2019/2020, il Consiglio Direttivo del Circolo ha previsto di rimpiazzare le Serate con altrettanti Confronti selettivi pianificati online.
Per il momento ci limiteremo a rimpiazzare le due Serate del 4 marzo 2020 (che originariamente era riservata alle Stampe in Bianco&Nero) e del 1° aprile 2020 (destinata alle Stampe a Colori).
Cominciamo con quella del 1° aprile (data che era già prevista dal calendario iniziale).
Qui le foto presentate:
32° Gran Premio - 4° CLP - Foto scelte per Autore
La classifica di oggi vede:
5° – Gianfranco Favretto
Concepire, comprendere e poi afferrare e fissare la figura di un volto, riuscendo a trasmettere il carattere e la personalità della persona rappresentata, è sempre stato il chiodo fisso per quanti si cimentano nel campo della ritrattistica. L’immagine in questione si qualifica per la grazia e la raffinatezza del soggetto, nonché per la finezza dello sfondo accuratamente scelto per l’occasione. L’immagine, essenziale negli elementi che la compongono, poggia il suo impianto strutturale sull’attrattiva di un volto contrassegnato da un taglio di capelli molto corti e sul drappeggio di una tenda sapientemente utilizzata per la scenografia.
L’accurata semplicità del trucco e l’intensità dello sguardo sembrano
sottintendere a una persona dal carattere volitivo e deciso, senz’altro a suo agio di fronte alla fotocamera.
4° – Massimo Tommasini
L’uomo costruisce cose e ambienti che utilizza e poi talvolta abbandona senza riuso. Gli spazi abbandonati o solamente dimenticati, col passare del tempo, perdono i segni della loro storia. Quando questi segni sono tanto rarefatti, il più piccolo, o come nel caso, il sopravvissuto, diventano autentiche calamite per lo sguardo. È naturale chiedersi come mai, l’oggetto superstite, non sia stato egli stesso sottratto da quello spazio dai contorni omogenei, provati dal tempo, dalla ruggine e dalla perdita della primigenia cura. L’immagine, senza la presenza dell’uomo, si sarebbe impoverita di significato. Egli, con la sua postura e lo sguardo che sembra posato sulle mani che lo stanno sostenendo, induce all’idea della stanchezza, forse ad un altro imminente abbandono o di un impossibile distacco. Noi, che lo vediamo dall’altra parte della porta (sulla quale spicca la parola “uscita”), ci siamo solo voltati indietro, forse per un solo momento.
3° – Walter Bohm
Raffinata immagine che ha un’evidente contaminazione nei mosaici di Maurizio Galimberti, senza per questo risultare una brutta copia del fotografo che ha fatto della Polaroid la sua fortuna. Costruzione grafica sovrapposta a una doppia esposizione fotografica, dove toni, linee e spazi sono sistemati tutti nel modo e al posto giusto per permettere di far esplorare la fotografia in tutta la sua interezza.
2° – Alessandro Rosani
Un “non sguardo” che inchioda e arriva prepotente all’osservatore. Una donna austera, rigida, protetta e staccata volutamente dal mondo che si contrappone a una generazione rappresentata dal ragazzo assorto in un mondo virtuale anch’esso, a sua volta, staccato dalla realtà. Doppio ritratto ambientato che per evidenti ragioni, ci porta ai giorni che stiamo vivendo, ma che invece e stato scattato in tempi non sospetti. Da qui nasce, nella mia lettura, il bisogno di proteggere quel ragazzo che invece è libero da qualsiasi protezione e pensiero. Se in un primo momento la parte a destra può infastidire, accettando invece l’immagine liberamente, dona l’ambientazione e contestualizza la scena.
1° – Giancarlo Staubmann
L’autore di questa fotografia, che ritengo scattata nella biblioteca pubblica di Stoccarda, ci ha colpito per l’opportunità di trovare al suo interno molte possibili storie. Le biblioteche, nel nostro immaginario, sono viste come luoghi austeri, depositi di saperi senza tempo. Questa fotografia racconta di uno spazio luminoso, così come dev’essere la cultura. A rafforzare questo senso di apertura, la lieve sovraesposizione che l’autore ha sentito di utilizzare. La percezione dell’immagine non può non evocare le forme di Escher da una parte e il candore del Guggenheim di New York. Bianco punteggiato da ripetuti ampi e alti scaffali pronti per essere toccati e vissuti nell’atto del prendere quel patrimonio che è un libro il quale non viene letto ma ci legge nei tempi e modi che gli concediamo. Lieve ma capace di attrarre lo sguardo con la giusta persistenza, la presenza umana.
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