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Incontri di discussione, di scambio di esperienze, di fotografia, di formazione, di cultura.
Di storie da raccontare e di storie da ascoltare, di fotografie da ammirare, da leggere, da presentare, da scoprire.
Un incontro tra persone, accomunati dalla passione della Fotografia, quella con la “F” maiuscola

Le serate al Circolo si tengono ogni mercoledì dalle ore 18.00 presso la sede in Galleria Fenice, 2 a Trieste – 1° Piano.

Selezione di Proiezioni dal ”10° Circuito Nazionale Audiovisivi Fotografici”

Mercoledì 14 settembre 2016

Selezione di Proiezioni dal ”10° Circuito Nazionale Audiovisivi Fotografici”

Il “10° Circuito Nazionale Audiovisivi Fotografici” è una Selezione di opere audiovisive coordinata dal DiAF, Dipartimento Audiovisivi FIAF, e si articola in quattordici tappe, che si succedono da giugno a novembre 2016, ognuna organizzata da un Circolo Fotografico aderente, con lo scopo di diffondere la cultura dell’Audiovisivo Fotografico, disciplina particolarmente creativa e completa. La peculiarità della manifestazione è quella di proporre le opere iscritte alla valutazione di più Giurie in diverse regioni italiane. Ogni tappa è un Concorso indipendente con una propria Giuria che ha il compito di valutare e classificare gli Audiovisivi pervenuti, assegnando i premi in palio e i punteggi validi per la Statistica AV FIAF ai primi dieci Autori classificati. Alla fine, per ottenere la classifica generale del Circuito, vengono sommati i punteggi ottenuti da ciascun Audiovisivo nel corso delle quattordici tappe.

Durante la serata di oggi sono stati proiettati i seguenti Diaporama:

“The Jungle” di Alessio BOSCOLO (Fiesso d’Artico VE), “Dimmi quando” di Gian Carlo BARTOLOZZI (San Casciano in Val di Pesa FI), “Tsaatan gli ultimi uomini renna” di Giacomo CICCIOTTI (Genova) e Sandra ZAGOLIN (Piove di Sacco PD), “… e fu l’inizio” di Pierluigi RIZZATO (Borgoricco PD) e Giorgio CIVIDAL (Altivole TV), “Nenets” di Paolo GRAPPOLINI e Patrizia MARTELLI (Impruneta FI), “Nel sogno… Rajasthan” di Odetta e Oreste FERRETTI (Parma), “Non avrete il mio odio” di Paolo CAMBI (Modena).

La fotografia e la psicologia – Incontro con Elis Miliani

“La Fototerapia: capire la psiche attraverso le immagini”

Una foto è molto più di un’immagine per quanto bella possa essere; è un legame con il nostro passato, una conferma che siamo esistiti che abbiamo vissuto, com’eravamo, quanto siamo cambiati e ci aiuta concretamente a immaginarci nelle diverse fasi della nostra vita.

«Un buon fotografo è una persona che comunica un fatto, tocca il cuore, fa diventare l’osservatore una persona diversa.» (Irving Penn)

La macchina fotografica non rappresenta soltanto l’altro, il fotografo, ma anche tutti gli altri che guarderanno queste foto.

Il soggetto ha l’impressione di trovarsi di fronte a una testimonianza oggettiva della realtà, dimenticando che essa non è altro che una sua costruzione simbolica. E, in quanto tale, dipende da chi l’ha scattata ma al tempo stesso può essere variamente interpretata dai fruitori, poiché non esiste una sola realtà ma più realtà a seconda dei punti di vista.

Le foto suscitano una serie di ricordi, le immagini risvegliano esperienze emozionali del passato e ridanno vita a sentimenti dimenticati ed è questa la meraviglia che possono suscitare. Sono un legame con il passato. I soggetti della fotografia rimangono sempre uguali, il passare del tempo non li sfiora… ma è un momento fissato sulla carta, un attimo che subito dopo non c’è più.

Le foto forniscono a tutti, a prescindere dall’età, un modo in più di vedere ed essere visti, di essere notati; se osserviamo il fenomeno dei social media ci possiamo rendere conto di quanto le persone abbiano la necessità di mostrare agli altri quello che fanno durante le loro giornate, condividere i loro pensieri e le loro emozioni. Le foto che vengono postate su Facebook e altri social spesso riflettono un modo di vivere e di essere poco realistico poiché incompleto di tutte le sfaccettature che una persona ha. Ognuno mostra ciò che vuole che gli altri vedano: volti sorridenti, vacanze, posti da sogno; dimostrare al mondo di essere felici, soddisfatti e appagati. Una vita attraverso le immagini che però non mostrano tutta la realtà della persona.

Durante l’incontro parleremo dell’utilizzo delle foto durante le sedute in psicoterapia, come vengono analizzate le foto, cosa si osserva, la personalità di chi viene fotografato e di chi fotografa, parleremo del colore come sensazione che viene recepita dal nostro cervello e che effetti ha sul nostro organismo, sul nostro atteggiamento psicologico e sulle scelte che facciamo nel quotidiano.

Osservare una foto e spiegarsi tramite una foto a volte è molto più facile che dire le cose attraverso le parole; la macchina fotografica come le foto possono rivelarsi un ottimo strumento terapeutico mediante il quale sanare la frattura tra il soggetto e l’ambiente.

Dott.ssa Elis MILIANI

Psicologa-Psicoterapeuta

Oggi graditi ospiti 2 soci del Gruppo Fotografico Fotofobia 99 di Monastier (Treviso) interessati all’argomento svolto: i signori LUCCHETTA (padre e figlio).

A margine della serata di mercoledì 8 giugno sul tema “La fotografia e la psicologia”, la Dottoressa Elis Miliani ha avanzato a tutti i Soci del nostro Circolo l’allegata proposta.
Approfittiamo dell’occasione per rinnovare alla Dottoressa Miliani il nostro sentito ringraziamento per la sua presenza presso il nostro Circolo.

«Paris Tendresse» Conferenza di Fabio Francescato

Modiano amava ripetere di aver sempre voluto “conoscere tutto ciò che era esistito, nel corso del tempo e per strati successivi, in una data zona di Parigi”. Brassaï, prima ancora di prendere in mano una macchina fotografica, nottambulo instancabile, aveva per anni curiosato in tutti i quartieri della città. Ora due grandi artisti si ritrovano in un libro che ripercorre quegli anni Trenta che precedettero la tragedia della guerra e del collaborazionismo. Modiano era nato a Boulogne-Billancourt, nell’agosto del 1945: non aveva quindi conosciuto quegli anni Trenta in cui Parigi era ancora “tendre”, né gli anni delle miserie e dei compromessi davanti al tedesco occupante. Aveva però dei genitori che in quel sottobosco meschino e tragico avevano navigato senza onore…

Lo ricorda una pagina dolente del suo romanzo Un pedigree: La madre – “Era una giovane donna dal cuore arido” – aveva collaborato a lungo con l’industria cinematografica tedesca ed aveva recitato, con un certo successo, per gli aviatori tedeschi ed i lavoratori della Todt. Il padre, ebreo, a lungo aveva trafficato con persone legate ad ambienti collaborazionisti ed all’esercito tedesco. Era sempre riuscito ad evitare i controlli della polizia… “Sono un cane che finge di avere un pedigree” ricorda Modiano, e la sua ricerca del passato che gli valse il premio Nobel nel 2014 non poteva non incontrarsi con quel grande fotografo che negli anni Trenta, munito della macchina fotografica, aveva fatto di Parigi la “sua” capitale. Erano anni in cui la vita poteva ancora essere “tendre”… Ricordando il grande amico di Brassaï, Modiano scrive: “Si, come diceva Prévert, nulla è come prima e tutto si è guastato. Il disco si è rotto. La guerra ha spezzato la ‘romance de Paris'”:

Sei anni dopo la morte di Brassaï, nel 1990, le Éditions Hoëbeke-Paris pubblicarono Paris Tendresse, che celebra tra immagini e parole quella “romance”. Nella copertina compariva la foto di una coppia di innamorati che si scambiavano un tenero bacio: “Al tavolo di un caffè, un uomo ha avvicinato il suo volto a quello di una donna che sorride. È sul punto di abbracciarla e i loro due volti si riflettono sui vetri. Ho creduto di riconoscere mio padre, per quei capelli neri incollati indietro e pieni di brillantina”.

Come il fotografo affida alle stampe le luci e le ombre che ha saputo cogliere, così fa lo scrittore. Il suo ultimo romanzo – Pour que tu ne te perdes pas dans le quartier – si apre, e non a caso, con una citazione di Stendhal: “Non posso dare la realtà dei fatti, posso presentare soltanto la loro ombra”.

Fabio FRANCESCATO

Presenti alla serata la Console di Francia a Trieste Christa Chiaruttini Leggeri, la presidente dell’associazione Italia -Israele Luisa Fazzini e il fotografo ungherese Gyula Salusinszky.

«Namibia» – Incontro con Valentino MORGANTE e Jacqueline DE MONTE

Mercoledì 20 aprile 2016

«Vi siete mai immaginati coinvolti in un viaggio avventuroso nella natura?»
Incontro con Valentino Morgante e Jacqueline De Monte13078293_1732593503651432_643377811_o

Avete mai sognato di liberarvi del tedioso lavoro in ufficio davanti ad una scrivania? Sì? Beh, qualcuno ha fatto di più, Valentino ha deciso di viverlo, forte di un grande amore per la natura e voglia di viverla nella sua vera dimensione, considerando la fotografia naturalistica un’espressione artistica con cui esaltare la bellezza della stessa e convinti che questo strumento creativo sia in grado di trasmettere vere emozioni, e possa contribuire alla sua tutela.
Valentino Morgante è nato e cresciuto in Malawi, dove fin dall’infanzia ha sviluppato un profondo amore per l’Africa e la sua natura selvatica. All’età di diciotto anni ha lasciato il Malawi per l’Italia, la sua madrepatria, dove ha potuto sviluppare la passione per la fotografia, concentrandosi soprattutto sulla fotografia in movimento. Ma il grande amore per l’Africa e la passione per la fotografia naturalistica non lo hanno mai abbandonato. Non basta! Ha fatto di più, ha voluto coinvolgere la persona che ama, Jacqueline. Anche lei è rimasta affascinata dagli spazi sterminati, dalle aree remote e incontaminate, dagli splendidi parchi e dal grande senso di libertà che l’Africa offre, e da Udine sono partiti alla volta del Continente.
E di loro che questa sera parleremo, del loro vivere in Namibia da oltre vent’anni, e del modo come documentano questo amore per questa terra, ed in genere per l’Africa Australe di cui conoscono ormai mille aspetti, forti della loro professione di guide turistiche e tour operatori nell’area. Questa sera conosceremo quindi l’anima di questi due fotografi e la loro attenzione alla vita che la natura esprime intorno a loro e che hanno immortalato e reso grazie al volume fotografico edito da Daniele Marson, editore regionale in Budoia, a cui va il merito di aver creduto nell’opera, libro che oggi vi verrà presentato e che troverete disponibile.
Alberto Angela, che “ha lavorato a lungo in Africa… in reportage e filmati…” coadiuvato molte volte da Vale e Jac, scrive nella prefazione del libro: «Valentino e Jacqueline sono riusciti… a catturare lo spirito dell’Africa con un click… I luoghi dove… lavoravamo erano quelli descritti in questo libro. Ed è con un indescrivibile piacere che, foto dopo foto, ho riassaporato esattamente quelle atmosfere… È stato come aprire la porta di una casa dove non si entrava da tanti anni… Anni di vita nelle parti più selvagge della Namibia e dell’Africa hanno consentito loro di catturare quello che agli occhi di altri sfugge. Me ne sono accorto quando durante le nostre riprese riuscivano a portarci in siti e luoghi che ti avvolgevano di un’atmosfera irripetibile. Nelle loro foto si sente perfettamente quel vento che muove le chiome delle acacie quando si è impegnati a scrutare l’orizzonte o il silenzio che avvolge in modo irreale i panorami della Namibia, o ancora l’eleganza dei passi degli elefanti, per non parlare della magica attesa attorno agli specchi d’acqua dove al tramonto si riflettono le sagome dei dominatori di un’Africa antica.» E lo ha detto il figlio di Piero Angela, che sa il fatto suo!
Patrizia ed io abbiamo voluto sperimentare le bellezze di questa terra, viaggiando in lungo e largo senza con ciò avere la pretesa di aver visto nemmeno un centesimo di ciò che Jacqueline e Valentino hanno potuto sperimentare, ma sicuramente capendo perché delle 105 foto che compongono il loro libro ben 25 siano di elefanti e 24 siano di paesaggio. Entrambi sono affascinanti, gli uni per quella eleganza che sembra impossibile a priori ravvisare nella mole, e gli altri per l’iconografica idea che le dune hanno avuto su di noi della Namibia stessa e molto altro ancora.
PAOLO PITACCO

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