Da sabato 11 febbraio a lunedì 9 aprile 2012 (lunedì di Pasquetta) il prestigioso (e complicatissimo) contenitore culturale del Salone degli Incanti, ex Pescheria di Riva Nazario Sauro, a Trieste, ha ospitato la prima grande rassegna (almeno per quanto concerne la sua recente storia) dedicata all’Arte Contemporanea di livello internazionale.
Si è trattato di una mostra composta da dipinti, sculture, video, installazioni, ma anche e soprattutto da fotografie, di ottantadue Artisti provenienti da diciotto diverse Nazioni (Australia, Cile, Cuba, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Israele, Italia, Macedonia, Messico, Paesi Bassi, Polonia, Russia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera).
Una mostra promossa e realizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste (anzi, per meglio dire, dall’ex Assessore Andrea Mariani), e curata da Marco Puntin (cofondatore e co-proprietario, assieme alla compagna Cristina Lipanje, della Galleria LipanjePuntin di Via Diaz 4, uno dei primi spazi italiani dedicati alla fotografia d’artista), e da Jonathan Turner (curatore e critico australiano che da ormai venticinque anni vive tra Roma e Sydney).
Orbene la rassegna, dedicata alla bellezza, alla grandezza e all’armonia della natura, si presentava come una sequenza di opere, per la maggior parte di grande formato, che andavano (per citare soltanto alcuni dei lavori fotografici) dalle classiche immagini in bianco e nero di maestri come Ansel Adams, Robert Mapplethorpe, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Piergiorgio Branzi o dei corregionali Elio Ciol e Sergio Scabar, ai “ritratti animali” di Andrew Zuckerman e di Daniel & Geo Fuchs, o ancora ai paesaggi montuosi di Olivo Barbieri, di Giorgia Fiorio, della “polacca triestina” Monika Bulaj e di Luca Campigotto, senza dimenticare gli intensi cromatismi di Franco Fontana, le visioni vulcaniche di Nan Goldin o lo spericolato volteggio di un ginnasta sulle corna di un cervo nell’opera del macedone Robert Gligorov.
E poi le opere dei maestri americani della Pop Art, Robert Rauschenberg e James Rosenquist, il carboncino su carta dell’artista newyorkese Robert Longo e tanto, tanto altro. Arte Contemporanea, Arte dei giorni nostri, di un’epoca in cui non esistono scuole e correnti artistiche dominanti. Sentiamo cosa hanno detto in proposito i due Curatori. Marco Puntin: «L’arte Contemporanea è quella cosa là, che noi collochiamo idealmente un po’ più in alto, che si pone delle domande e si dà delle risposte, ma che alla fine non arriva mai da nessuna parte. Potrebbe essere un goal di Sanchez dell’Udinese, un sorpasso di Valentino Rossi, o un piatto di Tomaz Kavcic. Ma anche un armadio o un orologio di Carlo Bach o ancora la sedia di Antonio Pio Saracino. Ma finché rimane un prototipo.» E poi Jonathan Turner: «Vita in un certo senso. Io non distinguo la vita dall’Arte Contemporanea perché sono parte della stessa cosa: assumo ossigeno allo stesso modo in cui mi nutro di Arte.
L’Arte Contemporanea vive tutti i giorni, ed è onesta, discreta e contiene anche un po’ di assurdità. La vita è straordinariamente assurda e lo è anche l’Arte Contemporanea che è piena di sorprese e cose assolutamente contraddittorie. Questo è il bello di tutte e due. La vita include soprattutto l’Arte Contemporanea esprime, come dovrebbe fare anche la vita, la gioia di tutte le arti, il cibo, il cinema, la musica, lo sport. Ormai tutte le discipline sono mischiate. E soprattutto l’Arte Contemporanea esprime, come dovrebbe fare anche la vita, la gioia di vivere.»
Ecco, dovessi formulare una valutazione, direi che la mostra del Salone degli Incanti era straordinariamente modellata sul pensiero dei suoi due Curatori. Ma comunque sia, per Trieste, si è trattato di una mostra di grande spessore, una mostra, a voler essere ipercritici, un po’ “accomodata” (ma da questo punto di vista, la struttura espositiva del Salone ha le sue belle responsabilità). Ciò nondimeno, è stata una rassegna come, da tanto, troppo tempo, non eravamo più abituati a vedere nella nostra Città.
FULVIO MERLAK
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