“Metamorfosi 2013” – Angelo Friolo

22 maggio – 21 giugno 2013

Queste immagini sono state ottenute partendo da scatti di altri Fotografi che, per una ragione o per l’altra, mi hanno colpito e a cui ho voluto dare la mia personale interpretazione (*), stravolgendone totalmente contenuti, estetica, significanti e significati e di conseguenza gli attributi d’induzione psichica.

Si dirà: ma se non hai fatto lo scatto, allora non sei tu l’Autore delle immagini!

Rispondo, premettendo un opportuno chiarimento.

Tra il significato delle parole “foto” ed “immagine” c’è un abisso quantomeno semantico: quella cosa che comunemente viene definita “fotografia” va riferita al mero scatto materiale del fotografo. “L’immagine”, invece, è un’altra cosa, quella che restituisce non tanto la raffigurazione dell’oggetto ripreso, quanto la sua trasformazione secondo la sensibilità e l’intento dell’Artista (infatti è piuttosto comune leggere o sentire recensioni del tipo… l’Autore ne ha restituito un’immagine romantica, eroica, sublime, nobile, agghiacciante, sensuale, ecc… ).

E poi, ciò sarebbe vero se le due immagini (la materia grezza e quella trasformata) trasmettessero sensazioni somiglianti tra loro. Se però ad esempio l’una comunica solo sesso e l’altra sensualità, allora le due opere sono profondamente diverse. L’Autore è chi crea non tanto lo stilema di un’opera, ma la capacità dello stesso di trasmettere ad altri il senso estetico che ha suscitato in lui l’emozione evocata dallo stilema stesso, quelle sensazioni che lo hanno mosso a immaginare “come poteva essere e non è stato”, insomma, il suo significante estetico-artistico.

Le fotografie originali erano delle comuni rappresentazioni di nudo, certo, anche ben fatte da un punto di vista strettamente tecnico-fotografico, ma che con l’Arte avevano ben poco a che spartire: penso che queste mie “traduzioni” comunichino invece quantomeno la bellezza e la sensualità femminile (o almeno questo è ciò che mi sono proposto di fare).

In quanto alla differenza che c’è tra scattare personalmente o servirsi di scatti altrui, beh, se devo riandare con il pensiero alla mia prima edizione di Metamorfosi (2000), dove fui io stesso a occuparmi degli scatti fotografici in studio alle modelle, devo dire che quella parte del lavoro oggi la considero una sorta di “manovalanza” della Fotografia (mi si perdoni l’espressione, non c’è alcuna arroganza): non è come fai lo scatto che conta o quali siano le caratteristiche estetiche delle modelle. Conta ciò che provi e la tua capacità di trasformare in quel senso quella “materia prima” costituita dagli scatti fotografici. Rivendicare la paternità di un’immagine per il solo fatto di essere stato l’artefice dello scatto da cui ha tratto vita propria, sarebbe come confondere la farina con il pane. È da quando esiste, che la Fotografia si sforza di rivendicare la sua pari dignità rispetto alle altre forme di rappresentazione iconica nell’ambito dell’arte, non sempre riuscendoci e quelle poche volte che ci riesce, lo fa con fatica, perciò l’opera fotografica, anch’essa, può e deve “peccare” di contaminazione. E poi, in fondo anche il fotografo, artefice dello scatto, si potrebbe obiettare, non ne è il titolare assoluto: l’unico titolare naturale è la cosa o l’evento che ha dato vita a quello scatto, ovvero la realtà fotografata.

Comunque, di là di queste considerazioni che meriterebbero un più largo spazio intorno alla questione, nel caso presente, oggi come nel passato, mi sono immedesimato nel mio omologo Pittore che, con la sua tela, i suoi pennelli e quant’altro, se ne sta di fronte ad un soggetto, non tanto per rappresentarlo più o meno così com’è (per quello basta un Fotografo), ma per darne la sua personale interpretazione, mettendoci dentro tutto ciò che lo emoziona e cercando, con la sua opera, di condividere con altri quelle stesse emozioni e superare, in questo modo il limite della verosimiglianza che è proprio della Fotografia intesa in senso ortodosso.

Nella specie, non vi è alcuna differenza, poiché l’oggetto che suscita il mio interesse, questa volta non è una veduta o un modello, ma un’immagine che in qualche maniera mi ha colpito e che intendo re-interpretare a mio modo, per gli stessi scopi di cui sopra. La cosa non deve stupire: quanti paesaggisti ad esempio, da quando esiste la Fotografia, se ne sono serviti per portare l’oggetto del loro interesse nello studio dove trasformarlo secondo il proprio sentimento? Quanti artisti, Andy Warhol per tutti, hanno “rimaneggiato” opere celebri per darne nuove, affascinanti interpretazioni?

Nella prima edizione di Metamorfosi, i miei pennelli, i miei colori e quant’altro erano costituiti dalla camera oscura fotografica: oggi invece, da Photoshop, strumento straordinario, per chi lo sa usare a fondo, per dare sostanza alla propria immaginazione.

Ultima notazione: le sedici opere esposte sono state stampate “fine art” su carta Canson ed inchiostri Canon Pixma Lucia, garantite per una durata minima di circa cento anni.

Angelo FRIOLO

 

*) Anche da un punto di vista giuridico: […] le opere derivate trovano una prima ed indiretta previsione nell’art. 4 della legge 633/1941 […] (Pubblicato da Avv. Massimo Corio in Pubblicazioni sul mensile Italia Arte 17/11/2011 11.13.34).

Proveniente da esperienze maturate in ambito formativo e pedagogico, Angelo Friolo ha esposto in una cinquantina di mostre tra personali e collettive. Ha organizzato diverse importanti manifestazioni fotografiche sia in area giuliana che nazionale. Ha insegnato fotografia industriale in diverse aziende, ha prestato numerose consulenze sul tema della Comunicazione Visiva a varie Istituzioni private e pubbliche. Ha formato schiere di docenti della Pubblica Istruzione avviandoli all’utilizzo del linguaggio visivo e fotografico.

Nel 1979 ha partecipato alla manifestazione internazionale “Venezia ’79 La Fotografia”, a stretto contatto con Italo Zannier e Guy Le Querrec.

Dal 1975 ad oggi ha insegnato a moltissimi giovani. È stato per trent’anni direttore e docente del Dipartimento di Fotografia dell’United World College of the Adriatic di Duino-Trieste (l’unico, dei tredici Collegi al mondo presente in Italia).

La presentazione scritta della sua ricerca fotografica Venezia, dietro le quinte, esposta nel 1999 contemporaneamente a Trieste, Milano e Ferrara è di Erich Hartmann, fotografo di fama mondiale pioniere ed esponente di primo piano dell’Agenzia Magnum.

Un’opera fotografica dell’autore giuliano, vintage, stampata a mano ai sali d’argento ed organizzata in una cartella in esemplare unico, rappresentante la sintesi del migliore lavoro dei suoi studenti, è stata donata nel 2000 al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della sua visita a Trieste per l’inaugurazione dell’Art Center dell’United World College of the Adriatic.

Il suo lavoro, in evoluzione permanente, Metamorfosi, è stato esposto per la prima volta nel 2001 in seno alla manifestazione internazionale d’arte contemporanea Giano Bifronte a Trieste, nello stesso anno è stato esposto e premiato in seno alla manifestazione internazionale patrocinata dalla Municipalità di Venezia Marghera Fotografia, nel 2002 e negli anni a seguire è stato esposto in molteplici mostre ed eventi culturali.

Come Fotografo e Formatore opera indifferentemente in qualunque genere ed applicazione fotografica attraverso la fotografia analogica e digitale, sia in ripresa che in post-produzione. Progetta e conduce corsi ad hoc, in particolare sul linguaggio fotografico, Photoshop di base, avanzato e master, stampa fine art ai pigmenti per varie istituzioni, tra cui l’Università degli Studi di Milano.

Quale studioso e professore di Fotografia ha per obiettivo principale la ricerca intorno alla percezione visiva applicata alla composizione fotografica.

Dal 2004 è stato Presidente del Centro Internazionale d’Arte Fotografica, istituzione nella quale si è occupato di ricerca, formazione e divulgazione in ambito artistico-fotografico.

È annoverato come autore della Fotografia del ‘900 nel Friuli Venezia Giulia, sue opere sono state pubblicate nell’omonimo catalogo edito dal CRAF.

La mostra di Angelo Friolo «Metamorfosi 2013», presso la Sala Fenice di Trieste rimarrà aperta fino al 21 giugno 2013

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