29° Gran Premio Fotografico per stampe in Bianco e Nero – Quinta e ultima serata

Oggi, in apertura di serata, sono stati presentati gli autori del portfolio collettivo dal titolo “Mercati” della serie “Monologhi” esposto presso lo Spazio Portfolio del Circolo.18308976_1906829062894541_385518238_n

 

 

Quinta e ultima serata per foto in Bianco e Nero del nostro 29° Torneo Fotografico giudicata da Fulvio MERLAK, Tullio FRAGIACOMO e Giuseppe IALUNA.

La classifica della serata è la seguente:

5° – Olga MICOL

4° – Silvano MATKOVICH

3° – Gianfranco FAVRETTO

2° – Cristina LOMBARDO

1° – Maurizio COSTANZO

Gli ulteriori partecipanti di oggi: Paolo ARGENZIANO, Manuela CECOTTI, Lucia CREPALDI, Gianfranco CREVATIN, Carlo MICHELAZZI, Massimo TOMMASINI.

Al termine della quinta serata, siamo lieti di annunciare il vincitore del 29° Gran Premio Fotografico per foto Bianco e Nero che è Furio SCRIMALI.

1° CORSO BASE DI POST PRODUZIONE – “DOPO LO SCATTO”

Perché iniziare un Corso Base di Post–Produzione fotografica? Cosa si nasconde dietro questo termine, un po’ minaccioso e anche vagamente inquietante? Il cambiamento fotografico che abbiamo vissuto in questi anni ha portato l’appassionato fotografo, il cosiddetto “fotoamatore evoluto”, dai procedimenti analogici (pellicole, camera oscura, trattamenti chimici, ecc.) ai procedimenti completamente digitali (file, camera chiara, software, ecc.). Quando, una volta, ci si affidava ad altri, a terze parti (a un negozio fotografico o a un laboratorio), per sviluppare le nostre pellicole o le nostre diapositive, oppure per far stampare le nostre fotografie, il numero degli appassionati fotografi che potevano permettersi di attrezzare a casa loro uno spazio per lo sviluppo e la stampa del bianco e nero o del colore, era costituito da una vera e propria minoranza.
L’avvento e l’affermarsi della fotografia digitale hanno comportato (e quasi imposto ai fotoamatori) una conoscenza e un utilizzo significativo del personal computer e dei software dedicati alla fotografia (non senza i crucci e i problemi che tutti conoscono) offrendo altresì la possibilità di poter trattare completamente le proprie fotografie e di poterle “gestire” anche dopo lo scatto. Ampliando le competenze dei fotoamatori, la Post-Produzione dà la possibilità a molti di poter chiudere quel cerchio fatto di idea visiva, scatto, Post-Produzione, e di arrivare, come ultimo atto, alla stampa finale; e tutto ciò, cosa fondamentale, controllando, migliorando e gestendo tutti i passaggi, senza alcun intervento esterno.

Obiettivamente, non è poca cosa poter evitare di affidare ad altri la nostra percezione visiva e poterla, altresì, completare autonomamente. Un Corso Base di Post-Produzione può innestare un percorso di conoscenze ed esperienze che condurranno a  chiudere quel cerchio, consentendo la preparazione dei file fotografici per la stampa finale. E può anche aprire le porte dell’eventuale passo successivo, che sarà quello di un Corso per la “stampa professionale”, per una totale autonomia della visione e del
linguaggio espressivo fotografico.
Nei nostri file fotografici è quasi impensabile non passare attraverso una fase di Post–Produzione:

basti pensare al file Raw che, di fatto, deve essere aperto e post-prodotto da appositi software. Post-Produzione è anche l’attività espletata quando si utilizzano quei semplici comandi dei vari software che, dopo lo scatto, danno la possibilità di operare
un’interpretazione personale, come per esempio il ritaglio fotografico, l’intervento sulla luminosità o sul contrasto, ecc. Per poi arrivare fino a quelli molto delicati della gestione, intonazione, bilanciamento e correzione del colore.
In questi ultimi anni moltissimi programmi si sono evoluti nonché semplificati, permettendo di gestire autonomamente la Post-Produzione dei propri file fotografici, e il famoso (e per certi versi
controverso) Photoshop non rappresenta più la sola e unica possibilità. Bisogna però entrare in contatto con dei concetti e dei comandi di Post-Produzione che sono fondamentali e che sono alla base di ogni programma di Post-Produzione. La loro conoscenza
e la loro conseguente gestione possono portarci a post-produrre le nostre idee visive e le nostre fotografie restando pienamente fedeli al ricordo mnemonico delle scene ritratte, e di riportare in esse le emozioni, i colori e le sensazioni vissute, disponendole secondo quel “tutto” che è il linguaggio fotografico. Il Corso cercherà di offrire
proprio la possibilità di aprire i propri orizzonti fotografici e di acquisire le basi essenziali per un viaggio che porterà ognuno verso un nuovo percorso, verso nuove conoscenze, in sintonia con il proprio modo di vedere e di sentire.

INSEGNANTE
Furio SCRIMALI Socio fin da ragazzo del
CAI, amante del mondo della natura e appassionato
alpinista, dal 1988 collabora con alcune importanti
Agenzie Fotografiche del settore. Sue immagini
sono state pubblicate sulle più qualificate riviste
specializzate. È Autore di alcuni importanti libri:
“Alpi Carniche”, “Il Carso della grande guerra. Le
trincee raccontano”, “Il Vodice. La montagna di
Gonzaga. Dalla testa di ponte di Plava alla 10a
battaglia dell’Isonzo”.

1° Corso Base di Post-Produzione - depliant (1)

Scarica qui il depliant del corso

“CONFINI 14” di autori vari

Inaugurazione della mostra

“CONFINI 14” di autori vari

Da quattordici anni Confini seleziona ogni anno progetti di fotografia contemporanea e li propone in tutta Italia. Una rete nazionale di Associazioni e Curatori, che non ha precedenti nel panorama italiano, ha permesso di formare una giuria qualificata e di utilizzare spazi espositivi riconosciuti per l’impegno che dedicano costantemente alla fotografia.

Attraverso un bando pubblico sul portale “photographers.it” si selezionano Artisti che nel loro percorso creativo utilizzano il linguaggio fotografico per indagare i confini, appunto, tra la fotografia e le altre forme di espressione artistica. Le scelte dei Curatori si sono indirizzate in questi anni verso Autori che – pur sfruttando tali contaminazioni – provengono da una formazione fotografica, ne privilegiano il linguaggio e riflettono sul mezzo. Una fotografia che non documenta e spesso non rappresenta il reale, ma riflette una dimensione personale e intima attraverso progetti composti da un numero consistente di immagini fisse bidimensionali.

Confini è la prova che la fotografia italiana è in continua evoluzione e che il suo livello ormai ha raggiunto standard internazionali.

Quest’anno i cinque lavori prescelti sono:

“Il velo di Maya di Carmen Decembrino (Manfredonia) – C’è qualcosa di non visibile agli occhi, che l’errore porta alla luce. Il velo si dissolve grazie al “glitch” dato da un comportamento anomalo, che permette al fotografo di ottenere dei vantaggi non previsti. Lo schermo tra noi e la vera realtà, che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente si dipana sino a svelarci una nuova rappresentazione delle cose.

Luoghi mentali di Me Né, alias Simone Meneghello (Milano) – Costrizioni, trasformazioni, equilibri. Il progetto artistico di Me-nè si sviluppa verso una vera e propria riduzione dell’essere umano a ciò che intimamente è, e si avvicina all’arte antica sarda in una sorta di primitivismo astratto. L’uomo viene raffigurato nella sua semplicità, nella sua sintesi, nella visualizzazione di quei tratti essenziali che lo definiscono.

“E poi verrà la nebbia” di Franco Monari (Carpi) – Questa serie di fotografie nasce dall’esigenza dell’Autore di ritagliarsi dei momenti nei quali uscire ed in solitudine esplorare il paesaggio per qualche ora. L’esplorazione ed il rapporto tra luogo e memoria diventano elementi fondamentali nella formazione di una propria identità. Il paesaggio esplorato è dunque quello nel quale l’Autore è nato, cresciuto e nel quale vive.

Album – Ricordi in conserva dello Studio Pace10, alias Gianfranco Maggio e Monica Scardecchia (Milano) – Non si tratta di tradizionali fotografie, ma di conserve di ricordi. Conservare significa mantenere un soggetto nell’essere suo, custodirlo, salvaguardarlo da tutto ciò che potrebbe alterarlo o distruggerlo. Riflettendo sui due ambiti della fotografia e della conservazione alimentare, il progetto interroga l’archetipo che si nasconde dietro il gesto di conservare.

Ombre e menzogne di Silvia Zanasi (Bologna) – Il progetto si incentra sul tema dell’identità evidenziando il confronto di tante sagome umane apparentemente diverse tra loro. Il volto e ogni dettaglio scompaiono dietro alla superficie bianca che, come una maschera, annulla la personalità di ogni individuo e ogni possibilità di rivelazione estetica, mostrando così la diversità di ogni profilo. Chi apparentemente è diverso, è in realtà uguale.

“EUGENE ATGET, IL FOTOGRAFO DELLA VECCHIA PARIGI” – Conferenza di Fabio FRANCESCATO

«Eugène Atget, il fotografo della vecchia Parigi» Conferenza di Fabio Francescato

 

In occasione di una delle sue abituali visite al celebre mercante d’arte Léopold Zborowski, un uomo anziano, ben noto nel quartiere che da 28 anni percorreva instancabilmente, va a bussare da un vicino di rue Champagne-Première. La persona che lo riceve è sbalordita dalla collezione di immagini che compaiono davanti ai suoi occhi. Con la sua abituale foga, e soprattutto con la lungimiranza e l’eccezionale disponibilità di spirito che lo caratterizzarono per tutta la vita, Man Ray coglie immediatamente tutta la poesia, intensa ma discreta, che promana da quelle immagini prive di artificio. Proclama il suo entusiasmo per quelle che definisce “opere d’arte”. Ma Atget ribatterà soltanto con un vago “Non sono che documenti”.

Eugène Atget fu il fotografo della vecchia Parigi. Nato nel 1857, in “provincia”, nella Gironda, tentò senza fortuna vie diverse fino a quando si stabilì a Parigi dove cominciò a frequentare il quartiere di Montmartre e gli artisti che occupavano i numerosi atelier della zona. In questi ambienti le fotografie erano ampiamente utilizzate a titolo di documentazione o di promemoria e Atget decise di guadagnarsi da vivere.

Tra il 1897 e il 1927 fissò con ineguagliata maestria l’impronta della storia. L’osservazione quotidiana dei mutamenti sul volto della città non fu solo la sua professione, ma anche la sua vocazione. Quando fu sepolto, nel 1927, il suo funerale passò praticamente inosservato; ciononostante, oggi Atget è considerato uno dei maggiori fotografi di tutti i tempi.

Fino alla fine rimase fedele al suo pesante apparecchio a soffietto, un formato 18×24 che si trascinò dietro per quasi trent’anni. Ad un certo punto Man Ray, che non smise mai di lodarlo, si offrì di prestargli un piccolo apparecchio portatile, ma Atget non lo volle. Deplorava che l’istantanea fosse più rapida del suo pensare: “È troppo veloce! È troppo veloce!”

A partire dal 1899 Atget comincia a vendere alcune serie di fotografie riunite per tema in album che avevano titolo significativi come Paris Pittoresque, L’Art dans le vieux Paris, Topographie du vieux Paris, Paysages-Documents a diverse istituzioni, come La Biblioteca Nazionale di France, il Musée Carnavalet, la Bibliothèque historique de la Ville de Paris. Solo da parte di quest’ultima risultano acquisizioni regolari, tra il 1900 e il 1914, di 3.294 stampe. La Biblioteca Nazionale di Francia acquisterà diversi album composti da originali, che Atget confezionava con cura e vendeva con regolarità: questi acquisti periodici spiegano anche l’abbondanza della sua opera.

Atget continua a fotografare con regolarità tutto ciò che incontra durante le peregrinazioni nella sua amata città: Come scrisse al direttore dell’Accademia delle Belle Arti in una lettera datata 12 novembre 1920: “Per più di vent’anni ho raccolto, grazie al mio lavoro e alla mia iniziativa personale, lastre fotografiche di tutte le vecchie strade della vecchia Parigi”. Poco dopo la lettera sarà seguita da una seconda in cui Atget volle precisare il suo pensiero: “La mia collezione è divisa in due parti: ‘l’arte nella vecchia Parigi’ e la ‘Parigi pittoresca’. L’interesse del pittoresco è dato dal fatto che ciò che appare nelle immagini è oggi completamente scomparso: per esempio il quartiere Saint-Severin è del tutto cambiato. Ho tutto il quartiere di 20 anni fa, fino al 1914, demolizioni comprese”.

Il valore della sua opera venne riconosciuto dapprima negli ambienti surrealisti. Poco dopo la morte, Berenice Abbott, che era venuta a Parigi per studiare scultura ed aveva lavorato con Man Ray, ne lodò la grande coerenza intellettuale, la volontà di testimoniare le trasformazioni storiche e valoriali di una società che tra l’Ottocento e il Novecento andava progressivamente cambiando i suoi stili di vita in nome della modernità: “Lo ricorderemo come uno storico dell’urbanistica, un autentico romantico, un innamorato di Parigi, un Balzac della fotografia, la cui opera ci permette di tessere un grande arazzo della civiltà francese”.

Fabio FRANCESCATO