«Per la finezza intellettuale e la naturalezza espressiva con cui ha saputo esplorare e capire le realtà, le usanze, le tradizioni culturali e religiose di Paesi lontani, ignorati, apparentemente diversi, esplorando i microcosmi dello spirito e della devozione così come i territori della guerra e dei soprusi, raccontando storie di un’umanità senza voce, storie di povertà e di dolore, ma anche di bellezza e fiducia in un futuro libero da paure e pregiudizi.»
È questa la motivazione con la quale è stata premiata Monika Bulaj all’”11° TriestePhotoFestival”
Per Monika, fotografa, documentarista, scrittrice e antropologa la fotografia è nient’altro che un mezzo per andare alla ricerca dell’altro.
È lo strumento di cui si serve per scoprire e raccontare «gli infiniti sottomondi precari, microuniversi di culture e di sentimenti e di lingue e di religioni che sopravvivono fin quando sarà loro possibile negli anfratti ancora non raggiunti dalla grande livella della globalizzazione.» (Michele Smargiassi, “Fotocrazia”, blog de “la Repubblica.it”)
Sollecitata da Valerio Fiandra, che ci ha aiutati con grande professionalità durante la cerimonia di premiazione, Monika ci ha raccontato storie di donne. «Donne, tante donne. Donne che pregano. Donne che leggono il Libro. Donne che studiano. Donne che sfilano. Donne che accendono ceri, che danzano, che cantano. Donne che dicono d’una fede femminile, che piace immaginare sia molto meno capace (del tutto incapace?) d’uccidere e dividere in nome della sua verità». (Angelo Agostani, “Alto Adige”).
«Le donne, lei le ha fotografate in tutto il mondo. Dal centro dell’Europa, la Polonia, dove è nata, passando per i Balcani fino all’Afghanistan, il Giappone e poi sempre più verso oriente, tra i vecchi credenti della Polonia e i rom della Macedonia, gli armeni della Romania e i lemki polacchi, tra gli hutzuli ucraini e i tartari bielorussi, tra gli aleviti della Albania e gli Udini del Caucaso. […] Il filo rosso sono la sofferenza e la passione che la religione porta con sé. Un filo rosso che l’autrice ha trovato mischiandosi tra le genti di tutto il mondo. […] “La mia ricerca è sempre stata focalizzata sui confini del monoteismo. Ma nel tempo, quasi senza accorgermene, per compassione e per empatia, mi sono fermata spesso a guardare i volti femminili. Perché se Dio è sempre uomo, le donne rappresentano la vita”.». (Marta Serafini, “Corriere della Sera.it”).
Una serata che ha letteralmente conquistato il numeroso pubblico. Ma il nostro Festival, quest’anno completamente “declinato” al femminile, ha riservato anche altri momenti di grande intensità, come la presentazione di “Madame” (intimo racconto fotografico su Henriette Niépce, pronipote di Nicephore Niépce) ad opera della sua Autrice, la modenese Antonella Monzoni; e poi l’inaugurazione della rassegna di Lorella Klun, la conferenza della bolognese Federica Muzzarelli incentrata su Tina Modotti “Mi considero una fotografa, e niente altro – Le donne e la fotografia all’alba del Novecento” e, soprattutto, la lettura dei portfolio per merito di cinque Lettrici di grande bravura e competenza: la napoletana Alessandra Capodacqua (Insegnate di Fotografia, Curatrice di Mostre e Fotografa), la romana Renata Ferri (Giornalista, Photo Editor e Insegnante), la forlivese Cristina Paglionico (Capo Redattrice, Docente di Fotografia e Consigliera FIAF) e le già citate Antonella Monzoni (Fotografa ed Autrice di libri) e Federica Muzzarelli (Docente di Fotografia e Autrice di libri fotografici).
Alla fine, l’”11° Portfolio Trieste” è andato all’udinese Lorenzo Zoppolato (di soli ventidue anni), mentre Giancarlo Rupolo di Caneva e Filippo Venturi di Cesena hanno ottenuto rispettivamente il secondo ed il terzo Premio.
Sono state tre giornate intense, vissute all’insegna della buona fotografia, in un clima di grande impegno e, insieme, di amabile cordialità.
Un ringraziamento sentito vada a tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito al successo dell’Evento.
Fulvio MERLAK
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